Forse non tutti sanno che nelle Marche.. “Federico da Montefeltro realizzò la più importante biblioteca del Rinascimento; ..a Lamoli esiste un museo unico al mondo: quello dei Colori Naturali; ..è conservato uno dei più importanti tesori al mondo: I Bronzi Dorati di Pergola; ..esiste un frutto molto particolare e gustoso: la Mela rossa dei Sibillini;”
Regione italiana ricca di aneddoti, di storie e di curiosità che andremo a scoprire attraverso i racconti di Chiara Giacobelli.
Nata ad Ancona e fortemente legata alla sua terra, giornalista e scrittrice di altre interessanti opere come: Un disastro chiamato amore, 101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita e 101 cose da fare nel Veneto almeno una volta nella vita, di cui vi ho parlato precedentemente e che potete leggere cliccando qui.
Forse non tutti sanno che nelle marche..
Non una semplice guida, bensì un tour virtuale in cui Chiara ci accompagnerà, con le sue parole ricche di passione e sentimento, in una visione più profonda di questo territorio.
Dopo molte ricerche, libri letti, posti visitati e diverse collaborazioni ecco, dunque, che nasce questo incredibile libro dove perdersi tra diversi racconti come quello della Caciotta di Urbino, la preferita di Michelangelo, dove assaporare con la mente l’Amaro Sibilla, uno dei liquori più misteriosi e dove entusiasmarsi tra le imperdibili feste popolari e folcloristiche.
Ovviamente, questi sono solo alcuni dei tanti aneddoti racchiusi in questo libro che consiglio vivamente per poter vedere con occhi curiosi questa regione intrigante.
Vi lascio con una citazione di Cesare Catà, professore e autore della prefazione nonché collaboratore e compagno di viaggio durante la stesura di quest’opera e vi auguro una buona lettura!
“I marchigiani son così: ci caratterizza, per destino, un desiderio assoluto di fuga, di trascendenza, di assoluto, eppure come nessun altro popolo siamo ancorati telluricamente alle cose, alla concretezza della terra.
Cesare Catà
Fantasia e zolle. Colline e ricami di cielo. L’infinito e la siepe. Andare, restare. L’angelo ribelle e i prati, come mostrava Osvaldo Licini.
Struggersi perché qui, nel recinto lieve e lieto di monti-colline-mare si soffoca, ma poi crepare di nostalgia non appena quel recinto si evade. Avere la netta certezza che, mentre siamo qui, restiamo esclusi dal mondo, perché la vita si sta svolgendo altrove; e poi, una volta andati via, scoprire con altrettanta dolorosa chiarezza che la vera vita ce la siamo lasciata alle spalle.
Soffrire perché qui non resistiamo, come Giacomo a Recanati, e sentirsi morire perché lontani da qui non viviamo, vorremmo a tutti i costi tornare, come Giacomo a Napoli.”